Gli Strumenti dell'Apprendista Ammesso e la Regola pitagorica
Le presenti note sono rivolte agli Apprendisti delle Logge che lavorano col Rituale Italico, per fornire alcune prime indicazioni operative sulla base degli strumenti dell’Apprendista (Regolo da 24 pollici, Maglietto e Scalpello) e delle norme della Regola pitagorica.
Lo Scalpello
“Lo Scalpello indica i vantaggi dell'istruzione, che può renderci degni di una società regolarmente organizzata”.
C’è un antico equivoco in Massoneria per cui si tende a credere che il lavoro del Libero Muratore sia unicamente speculativo, ed in ultima analisi “filosofico”.
Il metodo praticato nelle Logge ha invece la precipua funzione di insegnare a ragionare con la propria testa, senza fare dei pensieri il nostro fine e senza timori reverenziali verso chicchessia: ecco perché “al profano è invece preclusa ogni strada di consapevolezza superiore, dovendo accontentarsi di decifrare la realtà coi consueti strumenti della ragione speculativa e dell’intelletto” (Amonosis, Primo dialogo sull'Ermetismo).
Dice il Maestro Pitagora “Non lasciarti ingannare senza riflettere dalle parole e dalle azioni del tuo prossimo”: ovviamente, vale anche per le sue massime! Leggere è utile e almeno all’inizio necessario, ma solo nella prospettiva di farsi progressivamente una propria opinione.
Coloro che leggono testi sulla Via iniziatica, dopo pochi anni comprendono che essi, seppur con diverse sfumature, dicono la medesima cosa e conducono il lettore a comprendere il medesimo messaggio.
Dice Pitagora: “Non avere la pretesa di fare ciò che ignori del tutto. Al contrario approfitta di ogni occasione per istruirti ed in tal modo avrai una vita molto gradevole”.
Questo perché l’istruzione, sviluppando ed ampliando la nostra capacità di comprensione e la profondità della nostra visione del mondo, ci indica la Via da percorrere, sceverando con la Spada della discriminazione (viveka) il vero dal falso, il giusto dall’ingiusto: il che è rappresentato dagli scacchi bianchi e neri sul pavimento di Loggia.
Il Maestro Pitagora dice: “La verità e l'errore si mescolano nelle opinioni umane.
Per conservare il tuo equilibrio, evita di accettarli o ricacciarli, insieme.
Se momentaneamente trionfa l'errore, allontanalo pazientemente”.
Non basta però avere contezza razionale di tutto questo: è necessario mettersi in cammino ed agire alla ricerca del punto di Unione tra il bianco ed il nero, procedendo su quel filo sottilissimo che separa gli scacchi di diverso colore. “Man mano che la sensibilità interiore dell’iniziato si affina, anche la sua prospettiva empatica si amplifica, sino a comprendere irradiazioni sottili e manifestazioni che ordinariamente sfuggono all’attenzione del profano. Si diventa così coscienti di più dimensioni e si inizia a comprendere il linguaggio dei segni” (Amonosis, op. cit. 3 Stanislas de Guaita, Discorso Iniziatico),
Raccomanda Pitagora: “Parla ed opera soltanto quando la tua ragione ha intrapreso il giusto cammino”; “Una scelta ragionata ti eviterà di commettere sbagli”.
Se noi invece collezioniamo mappe del tesoro ma non ci incamminiamo mai alla cerca del Graal, avremo fallito.
Lo Scalpello è inservibile senza un Maglietto che lo azioni: sapere che cosa fare per crescere spiritualmente e non trovare la volontà per farlo è molto più grave che essere semplicemente dei profani; le Logge massoniche sono piene di “vorrei ma non posso”, Fratelli tanto eruditi quanto irrimediabilmente lontani dalla realizzazione, che si servono di ciò che hanno appreso per gonfiare a dismisura il loro ego, abbandonando il lavoro vero, durissimo, l'unico che abbia un senso per un iniziato che vuol divenire adepto: il lavoro su se stessi.
L’istruzione massonica si avvale, in particolare, dello studio dei Simboli dell’Arte, che devono essere interpretati ed introiettati: il privilegio di confrontarsi coi Simboli è riservato ad individui in possesso di determinate qualifiche iniziatiche (le cd. “buone pietre” o “freestones”) in quanto gli occhi profani, oltre a non comprendere, finirebbero per volgarizzare e depauperare il Simbolo del potere “magico” che ha di attivare la purificazione dell’inconscio del meditante.
I Simboli, quale veicolo di manifestazione degli archetipi eterni, attraversano immutati i millenni, ri-velandosi all’intuizione dei sinceri cercatori della Verità in proporzione al loro progresso sulla Via: è questa la ragione per cui il “secreto” massonico è di natura non comunicabile.
Malgrado vi possano essere delle indicazioni di massima nei rituali, il Simbolo si rivela ad ognuno in proporzione al crescente grado di maturazione dell’osservatore. Non siamo più nell’ambito di una conoscenza duale/dialettica, ma ci avviciniamo alle soglie dell’Intuizione, “perché l’arcano è di natura tale che chi più lo ha intravisto da vicino non può comunicarlo”.
In una prima fase è necessario dunque guardare “attraverso” il Simbolo, per scoprire l’arcano che racchiude e successivamente trasformarlo in una parte del nostro essere; un processo che, quando ha per oggetto figure sacre archetipali rappresenta una forma molto nobile di teurgia.
I pochissimi che, con determinazione feroce, arrivano “oltre” il simbolo, sostano nella placida notte dell’En Sof, nell’attesa che per pura Grazia la Divinità si riveli.
“La magia divina considera Una la verità, Una la luce, Uno Dio, Una la materia, Uno l’universo, Una la forza. [...] Gli iniziati di tutto il mondo sono fratelli perché tutti percepiscono la Verità nello stesso modo e con le stesse leggi: due di essi s’incontrano e si riconoscono perché si comprendono”.
Dice Pitagora: “Imparerai che gli uomini sono creatori dei propri mali. "Infelici!" Ignorano che i veri beni sono alla loro portata dentro se stessi.
Pochi sono coloro che conoscono il modo di liberarsi dei propri tormenti. E’ questa la cecità degli uomini che turba la loro intelligenza. Somiglianti a cilindri che ruotano a caso e non saranno mai liberi dagli infiniti mali che li opprimono. Non sospettando la funesta oscurità che li accompagna, non sanno discernere ciò che è necessario e ciò che devono rifiutare senza ribellarsi”.
La lotta all’ignoranza metafisica (avidya) e la conquista della Gnosi è però un tema che ci conduce alle soglie del secondo Grado del Rituale Italico.
Il Maglietto
“Il Maglietto è usato, dagli operativi, per ridurre le irregolarità e i bordi grezzi delle pietre. Questo emblematicamente ci insegna ad impiegare la nostra volontà per ridurre le irregolarità della passione, dell’orgoglio e del pregiudizio entro le nostre menti, cosicché, così preparati nell’avanzamento al grado di Compagno d’Arte, possiamo essere in grado di contemplare, con piacere e profitto, le glorie della natura e le verità della scienza”.
Tutto ciò che appartiene a questo mondo (maya) ed alla illusione separativa che esso instilla in noi è un possibile ostacolo alla nostra realizzazione iniziatica: è decisivo in proposito l’approccio che decidiamo di tenere nei confronti delle vicende della vita. Tutto ciò che è Sacro può invece trovare accesso al Sacro.
Pitagora si raccomanda: “Allontana tutto ciò che può impedire la tua purificazione e prosegui a liberare l'anima fino al trionfo del meglio che esiste in te, ossia lo spirito”. L’avidità e l’orgoglio sono i nostri principali avversari: siamo pronti a passare sopra i nostri principi ed a rompere i nostri sacri impegni se c’è in palio una patacca per il nostro io accattone.
Per questo Pitagora ammonisce: “Cerca sempre di osservare ciò che hai deciso. Non dimenticare che devi dominare le tue passioni ed essere sobrio e puro. Non lasciarti sopraffare dalla collera”.
L’utilizzo che dobbiamo fare della nostra volontà è dunque finalizzato a percorrere imperterriti la Via, comportandoci da iniziati non solo in Loggia ma in ogni circostanza della nostra vita profana. È indispensabile quindi sottoporre qualunque nostro impulso alla voce della nostra Coscienza, al nostro Angelo o Dàimon: se si rivela essere un desiderio meramente egoistico, sapremo che va in una direzione opposta a quella della nostra Illuminazione.
“Il primo obiettivo è dunque la manifestazione individuale di un modello umano, che costituisce la sintesi di un patrimonio culturale antico e tradizionale. Tale modello, realizzato attraverso un percorso di studi e attitudini psicologiche progressivamente assorbite nella mentalità del discente, conduce nel tempo alla definizione di una personalità equilibrata, serena, socialmente integrata e devota al solo bene dell’umanità. L’aspetto collettivo della formazione psicologica e morale del Fratello si traduce nell’abbandono di ogni concezione egoistica della vita e della missione dell’iniziato, dovendo egli considerarsi – in ogni momento del suo cammino spirituale – una semplicissima tessera del mosaico dell’umanità, che egli intende migliorare con la forza dell’esempio e delle virtù morali faticosamente conquistate e generosamente devolute a vantaggio dei più deboli”.
La volontà va pertanto esercitata in modo da riconoscere e governare le tendenze egoiche, uniformandole ai dettami del Dovere: questa altissima forma di sacrificio consente all’iniziato di integrarsi nella Grande Opera, di suonare nella sinfonia universale lo spartito che ci è stato affidato.
L’azione pura dei buddhisti (quella cioè non oscurata dall’ego) è disinteressata al risultato e molto attenta ad un approccio equilibrato, equanime ed equidistante. Ecco perché Pitagora afferma: “Non rivoltarti contro la sorte che ti è stata destinata dalle leggi divine, per quanto essa possa essere dura affrontala con serenità, sforzandoti di migliorarla”. I legami karmici non sono del resto ineluttabili: con la retta azione possiamo ottenere miglioramenti significativi, anche nel contesto della singola incarnazione.
È noto peraltro che una volontà particolarmente forte ed esercitata con le giuste tecniche può produrre genuine modificazioni della realtà esterna: all’iniziato è perciò lecito utilizzarla solo se è in accordo con la Volontà universale, e mai per finalità egoistiche che ci condurrebbero diritti sulla via della controiniziazione.
Da qui l’ammonimento pitagorico: “Sii irreprensibile verso gli altri e soprattutto verso te stesso. Abbi rispetto di te e di tutta la tua vita; le tue parole si ispirino alla giustizia più pura”.
Il Regolo da 24 pollici
“Il Reg. da 24 pollici rappresenta le 24 ore del giorno, parte del quale devono essere dedicate a pregare il Signore Onnipotente, parte lavorando e riposando e parte al servizio di un amico o di un Fratello bisognoso, senza però che ciò avvenga a detrimento nostro o della nostra famiglia”.
“Il parlare e l'agire senza una regola rendono l'uomo infelice”, dice Pitagora.
È infatti necessario, per non farsi trascinare dagli eventi, autodisciplinarsi ed apporzionare il proprio tempo di modo da potervi ricavare un angolo dedicato al lavoro interiore e all’esame di coscienza.
Sull’amicizia, sulla Fratellanza e sulle differenze che tra esse intercorrono
La possibilità di fare un cammino individuale con l’ausilio di persone a noi spiritualmente affini è di grande aiuto, anche se non si sale in cordata e ciascuno è responsabile anzitutto di se stesso e davanti se stesso. Da qui l’utilità del seguente precetto pitagorico: “Scegli come amico l'uomo migliore e più virtuoso. Obbedisci ai suoi consigli e segui il suo spirito sano. Sforzati di non allontanarti da lui neppure per la più piccola offesa”.
Ciò detto, e nonostante la Libera Muratorìa nasca come società di mutuo soccorso tra gli uomini dell'Arte muratoria, ad un Fratello non è consentito chiedere o concedere più del lecito, andando a detrimento proprio o della propria famiglia. In un certo senso, ogni Fratello ha diritto di essere consigliato dai Maestri più esperti della Loggia, ma quando diviene Maestro a sua volta ha poi il diritto di sbagliare con la propria testa, e di trarne la relativa lezione: se un altro Fratello, sia pure con le migliori intenzioni, volesse interferire con una prova di forza, rischierebbe di ottenere l’effetto opposto e di deviare a sua volta dal suo proprio cammino.
La questione sui limiti tra rispetto del libero arbitrio altrui e dovere di esercizio delle prerogative della Maestria è in ogni modo estremamente delicata, dovendo in ultima analisi essere rimessa al buon senso dei Maestri; essa richiede un chiarimento fondamentale: nel corso degli anni, alcuni Fratelli particolarmente legati l'uno all'altro, divengono -o si considerano reciprocamente- amici.
L'intreccio tra amicizia e Fratellanza è di difficilissima gestione, poiché prima o poi vi è il rischio, concretissimo, che le scelte giuste che un Fratello ha il dovere di compiere verso se stesso e verso la sua Loggia spezzino un'amicizia consolidata, evidenziando una volta di più la profonda differenza sussistente tra amicizia e Fratellanza, e le conseguenze rovinose che la confusione dei due concetti sovente produce.
Sul lavoro e sul riposo
Al lavoro profano, che dobbiamo compiere al meglio non solo per questioni di sopravvivenza ma perché insito nella nostra natura di costruttori, deve accompagnarsi un lavoro di tipo iniziatico. Nessuno si illuda che questo possa esaurirsi nella riunione rituale di Loggia o nel puro e semplice “associazionismo” massonico: il lavoro iniziatico non prevede pause, si snoda nelle strade del mondo profano e si estrinseca in ogni nostro atto.
Discorso analogo vale per il riposo: tolte le necessarie ore di sonno ristoratore, il tempo – sempre più scarso- che ci è concesso per riposare dev'essere ben impiegato, e per ben impiegato intendiamo che dev'esser inteso al servizio dell'Arte.
Per questo dobbiamo mantenerci ben desti durante tutto il giorno, senza farci irretire da ciò che accade intorno a noi. Preziosissimo è questo consiglio del Maestro Pitagora: “Dalla dolcezza del sonno sorgendo fissa con cura tutto ciò che nella giornata farai, e [a sera] i tuoi occhi, ancorché stanchi, non accolgano il sonno senza esserti prima chiesto quel che facesti: Dove son stato? Che cosa ho fatto? Che cosa ho omesso di quel che avrei dovuto fare? Cominciando dalla prima azione fino all'ultima, e di nuovo tornandovi. Se scopri che ti sei comportato male ammonisciti severamente e rallegrati se sei stato irreprensibile”.
Sulla preghiera
“La preghiera è il respiro della nostra anima”, scriveva Louis Claude de Saint Martin; tempo prima, Epitteto suggeriva: “Pensa a Dio più spesso di quanto respiri”. La preghiera, intesa come procedura, come serie di formule tradizionali (esoteriche o exoteriche, non importa poi molto), deve assolutamente avere uno spazio importante nelle nostre giornate. Non importa quante volte, non importa se con parole proprie o con quelle dei Maestri Passati, non importa se in forma di meditazione o con grandi apparati ritualistici e strumentali.
Prendete l’abitudine di rivolgere la vostra attenzione al Divino che pervade tutto, e che dimora quindi anche nella parte immortale di voi stessi: fatelo secondo le modalità a voi più familiari, ma fatelo! Solo così la preghiera, da procedura a volte un po’ svogliata, si trasformerà in un atteggiamento ed infine in un sempiterno stato di coscienza.
“Per l'iniziato ha valore la disposizione interiore con la quale si dispone a ricevere la manifestazione divina, perché è in ragione della interna condizione che i gradi e l'espressione del divino possono palesarsi diversamente. Ogni preghiera, ogni rito, creano un'esperienza nuova. E' un aprirsi sempre più a ricevere la conoscenza, fino a raggiungere la piena armonia esistente tra l'anima e l'Amore divino”.
La preghiera serve a “ricordare” (in senso platonico) a noi stessi che noi non siamo le nostre sensazioni, i nostri sentimenti, neppure i nostri pensieri: né tantomeno siamo gli oggetti esterni da cui tutte queste “cose” sono attivate.
Pregare pone all’istante un vetro divisorio, a mo’ di acquario, tra la nostra vera essenza ed il variopinto spettacolo del mondo: ci rammenta che noi non siamo i personaggi proiettati sul telo del cinema, bensì una particella di quella luce che crea l’effetto ottico delle immagini, e che senza un proiettore ed un proiezionista non potrebbe sussistere un solo istante.
Non è per caso che a questo tema Pitagora dedica i primi e gli ultimi versi della sua Regola: “Per primo sii devoto agli dei immortali e rispetta la loro legge. Osserva il giuramento, venera gli eroi sublimi, onora tuo padre, tua madre e i tuoi familiari”; “Medita questi consigli, amali con tutta la tua anima e sforzati di seguirli perchè ti condurranno alla virtù divina. Rivolgiti senza sosta agli dei perchè ti aiutino a raggiungerla”.
I Maestri della Loggia “Stanislas de Guaita” n° 23 di Roma