Solstizio d'estate

Tradizioni del Solstizio d'Estate e della notte del 24 Giugno
Notte di S. Giovanni Battista

Fratelli tutti, nei vostri gradi e nelle vostre dignità, pace e serenità a tutti voi.
La parola solstizio viene dal latino “solstiti°u(m), comp. da so°l so°lis 'sole' e siste°re 'fermarsi'” , che per l’appunto significa “Sole stazionario” - perché sembra che il sole si fermi; identifica due momenti in cui il Sole, nel suo apparente percorso, sembra fermarsi per tre giorni, sorgendo e tramontando sempre nello stesso punto. Questo fenomeno avviene due volte all’anno: il 21 giugno, inizio dell’estate, quando il sole determina il giorno più lungo, e il 21 dicembre, quando inizia l’inverno e la notte è la più lunga dell’anno rispetto alle ore di luce.
In questi due momenti, nell’esatto mezzogiorno astronomico, le ombre degli edifici e dei pali scompaiono del tutto: il 21 giugno, al tropico del Cancro, è possibile osservare l’immagine del disco solare nel fondo dei pozzi, riflesso dall’acqua anche a decine di metri di profondità e lo stesso fenomeno si ripete il 21 dicembre al tropico del Capricorno. L’osservazione di questo evento illuminava la conoscenza: già nel 226 A.C., Eratostene di Cirene deduceva che la terra fosse rotonda e ne determinava la circonferenza, con un errore inferiore all’1% di quella effettiva, rilevata dai satelliti!  
Siamo prossimi al solstizio d'estate. E’ il tempo in cui possiamo ricevere il massimo della potenza solare, in cui la mistica forza che unisce cielo e terra appare più forte. E' il giorno in cui il sole celebra il suo trionfo, il giorno più lungo dell'anno: in questa data il sole ci regala qualche ora in più rispetto al suo normale ciclo portandoci a ri-vivere il giorno più lungo dell'anno, ma allo stesso tempo, rappresenta l'inizio del suo declino.
Miti, leggende, storia, magia, tradizioni antiche e popolari in tutte le civiltà festeggiano questa giornata con dei riti speciali, accendendo falò e ballando quasi a voler caricare di maggior energia quella del sole. Cosa si celebrava? 
Il Sole e il suo simbolo, il fuoco, sono stati al centro di tutte le religioni delle antiche civiltà: i solstizi ne erano la manifestazione, per questo motivo erano considerati sacri e venivano onorati con riti e festeggiamenti, ma le celebrazioni solstiziali sono espressione di due stati diversi.
Nel 13.mo canto dell’Odissea, Omero racconta di un antro presso l’isola di Itaca. In questo antro si troverebbero 2 porte: “Due porte vi sono, l’una, volta a Borea, è la discesa degli uomini, l’altra invece è volta a Noto. È per gli dei e non la varcano gli uomini.” Dunque una porta verso nord, Borea, che indica il solstizio estivo, quando cioè il Sole è al suo massimo, una porta a sud, Noto, che indica il solstizio invernale quando l’oscurità è massima.
La Terra era considerata come una caverna cosmica: le porte ne sono l’entrata e l’uscita. Guenon dice che è un simbolo di iniziazione: la caverna cosmica è il cuore, il centro, l’uovo del mondo, il luogo della manifestazione dell’Essere nello stato di umanità, nel quale vige la legge del Karma, cosicchè la porta degli uomini è una entrata dalla quale si accede ed esce tantissime volte, prima di potersi elevare al punto di poter utilizzare l’altra porta, quella degli Dei, degli avatar (i Salvatori).
Nel solstizio d’inverno il sole entra nella costellazione del Capricorno (invero oggi a causa della precessione, in quella del Sagittario), nel solstizio d’estate nella costellazione del Cancro (invero oggi a causa della precessione, in quella dei Gemelli): il passaggio nel punto di intersezione era considerato una porta, come se il sole attraversasse una porta al di là della quale le cose cambiano.  
Il solstizio d’inverno, il passaggio della Porta del Capricorno, o invernale, aveva un significato positivo perchè apriva la fase dell’anno in cui il sole cresceva, e attraverso la quale l’influenza Divina discendeva sulla terra e le anime ascendono al Divino, e per questo era detta anche Porta degli Dei, (o porta verso gli Dei); 
il solstizio d’estate, passaggio della Porta del Cancro, aveva un significato negativo, poiché precedeva il periodo buio, ed era destinata alla discesa delle anime sulla terra degli antenati ed al perpetuarsi del ciclo delle esistenze materiali, e per questo la Porta del Cancro, o estiva era detta pure Porta degli uomini (o degli Avi).
Nelle popolazione di lingua semitiche-aramaiche, questi momenti erano espressi con la parola Gao, che significava passaggio, mentre in quelle di lingua sanscrita erano espressi dalla parola Yanò, che significava porta: Queste popolazioni, nell’antichità vennero a contatto fra loro e fusero le due parole in una: Giano, per esprimere i due diversi momenti. Le popolazioni indo-dravidiche divinizzando i solstizi, elevarono Giano nel Panteon delle proprie divinità, poi recepita dagli etruschi e nel mondo greco e romano. 
Nella teogonia pagana Giano aveva dunque il compito di assistere ai movimenti del carro solare, di presiedere alla sua uscita all’alba e al suo rientro al tramonto, di aprire e chiudere le Porte, quindi divenne il dio guardiano delle soglie e dei passaggi, in lui si identificava perciò il movimento del Sole, la divinità che dà la vita, e quindi era il dio degli inizi, della iniziazione, degli iniziati , e per questo divenne la principale divinità dei Collegia Fabrorum.
Come nel ciclo quotidiano, così nel ciclo annuale Giano, rappresentando il passaggio del sole nelle porte solstiziali , dava inizio e dava fine, e deteneva di conseguenza il controllo sul tempo e sul destino. A lui erano dedicati il primo giorno di ogni mese, le prime ore di ogni giorno, l’inizio cioè di ogni attività. Egli era perciò il protettore di ogni inizio e per questo l’iniziatore della civiltà. Da Janus deriva Januarius, Gennaio, il mese che sta al principio del ciclo annuale e nel quale è possibile fare una valutazione del passato ed un progetto per il futuro. Ecco perché la divinità aveva la doppia faccia: perché simboleggiava il dono della consapevolezza dell’accaduto e della preveggenza del futuro, un volto guardava indietro e l’altro in avanti, uno era giovane e l’altro anziano. Il volto giovane e gioioso del dio simboleggia l’aspetto divino dell’anima, rivolto in alto verso la divinità, il volto anziano e triste simboleggia l’aspetto materiale del corpo rivolto verso le cose del mondo (a volte il viso giovane è stato rappresentato femmineo, quasi a contenere il dualismo maschio-femmina, Janus - Jana cioè Giano e Diana, Sole e Luna).
Nei festeggiamenti del solstizio d’estate si celebrava l’apoteosi della luce. Era la festa del sole, la festa del ringraziamento della terra e del Sole per i frutti che la natura donava (le messi, le erbe e i fiori). 
Ma non doveva era solo questo. Era di più. Era la festa della purificazione e del rinnovamento, con la quale si celebrava la congiunzione astrale del sole e della luna, il trionfo della luce, del fuoco, dell’acqua e della terra e con essa l'inizio di un nuovo periodo di vita, per questo in tutti i riti rivestono una grande importanza il fuoco(che ha il potere di trasformare e rigenerare) e l’acqua, (che ha il potere di curare, di purificare e di fecondare). I riti avevano la funzione ricordare all’uomo il continuo ripetersi della morte e della rinascita del Sole, e per analogia l’avvicendarsi della morte e della rinascita della vita, e quindi una funzione evocativa della forza, per poter affrontare con speranza e fiducia il periodo della discesa del sole in cui il buio prevale.
Nella notte del 24 Giugno i contadini si posizionavano in cima alle colline e accendevano grandi falò in onore del sole, per propiziarsene la benevolenza e rallentarne idealmente la discesa; spesso con le fiamme di questi falò venivano incendiate delle ruote di fascine, che venivano fatte precipitare lungo i pendii, accompagnate da grida e canti. I falò accesi nei campi oltre che propiziatori erano considerati anche purificatori e l'usanza di accenderli si riscontra in moltissime regioni europee e persino nell'africa del nord : per questo vi si gettavano dentro cose vecchie, o marce, perchè il fumo che ne scaturiva tenesse lontani spiriti maligni In alcuni casi si bruciava anche un pupazzo, così da bruciare in effige la malasorte e le avversità. 
E si raccoglievano le erbe medicali per scacciare ogni malattia. Le erbe più note da raccogliere nella notte del 24 erano: l'iperico (poi detto anche erba di S. Giovanni), l'artemisia chiamata anche assenzio volgare e dedicata a Diana-Artemide, la verbena, il Vischio, il Sambuco, l’Aglio, la Cipolla, la Lavanda, la Mentuccia, il Biancospino, il Corbezzolo, la Ruta, il Rosmarino, e il ribes rosso che proteggeva dai malefici. Con alcune delle piante sopra citate era possibile fare delle tisane utilissime per aumentare la bellezza e preservarsi dalle malattie.
Nel processo di Cristianizzazione, la Chiesa Cattolica, dove incontrava maggiori resistenze, prima adattò i vecchi templi innalzati in onore della dea madre terra, denominati “Notre Dame”, consacrandoli e dedicandoli alla Vergine Maria, poi vi sovrappose nuove chiese, e allo stesso modo cristianizzò le divinità pagane, sovrapponendo e sostituendo gradualmente alle stesse, nei giorni delle loro festività, i propri martiri e santi. Era, infatti, una strategia accorta quella di conservare l’abitudine delle periodiche festività rituali proprio negli stessi luoghi di culto per mantenere continua la partecipazione del popolo.
L’operazione fu più complessa per Giano e le festività solstiziali: per conservare il bifrontismo bisognava cercare due martiri o santi con opposto significato analogico e complementari, che fossero compatibili con i movimenti dell’astro. Dopo molti insuccessi e dopo un difficile studio, solo intorno all’850 furono designati i due Giovanni, per sostituire liturgicamente le festività solstiziali: S. Giovanni Evangelista il 27 dicembre, al solstizio d’Inverno e S. Giovanni Battista il 24 giugno, al solstizio d’Estate.
La Chiesa Cattolica, accettando il significato di Giano, aveva attribuito un valore metaforico di Luce ai due santi. 
Essa riconobbe e propose nel Battista l’emblema della luce lunare, dell’Acqua redentrice, vale a dire della Luce di Cristo riflessa nell’acqua battesimale, poiché di lui era stato detto: ”Egli è l’Elia che deve venire”, mentre nell’Evangelista riconobbe e propose l’immagine della luce del Sole contrapposta alle tenebre, della rassicurazione contrapposta alla paura, perché è questo il significato dell’Apocalisse, ed ancora della Resurrezione contrapposta alla Morte, dato che è riportato proprio nel vangelo di Giovanni l’episodio di Lazzaro.
Nel Battista si può riconoscere la Luce che decresce dopo il solstizio, il suo simbolo di Luce Riflessa nel versetto: “occorre che io diminuisca perché lui cresca”; nell’Evangelista si può riconoscere il fuoco, la Luce del sole, per i privilegi che Dio gli concesse: il primo era quello di essere particolarmente amato da Cristo, il secondo di essere incaricato di curarsi della Madre di Dio, simbolo della Materia Prima e del principio femminile, ricettacolo e riflesso della luce solare, il terzo di ottenere la rivelazione dei Misteri e quindi essere depositario della conoscenza esoterica ed il quarto di essere la Parola della Carne con l’Apocalisse, ovvero la Rivelazione. 
L’iconografia agevolò l’assimilazione: il Battista era un esseno, un puro che predicava ai giudei precetti di virtù ed esortava chi li praticava a lasciare la città e a lavare simbolicamente il corpo dal peccato con il battesimo nell’acqua. Era descritto con una lunga barba, con i capelli incolti, vestito di una pelle di agnello, con un bastone in mano: simile a Giano, che era rappresentato con una bacchetta in mano, un baculo, segno del potere, per ordinare ciò che è confuso, quasi verga del pastore o scettro regale. Forse anche più suggestiva era l’iconografia dell’Evangelista: rappresentato ai piedi della Croce nel prendersi cura della Madonna, con un volto imberbe, quasi femmineo, in somiglianza al volto giovane di Giano, e poi come un anziano e barbuto, come il secondo volto di Giano; nel suo ruolo di divulgatore, e quindi ricondotto all’aspetto discendete del Verbo che si fa carne e si diffonde nel mondo.
Il nuovo stato di cose soddisfaceva adesso un po’ tutti: sia chi aveva una estrazione popolare e contadina ed era stato sempre più cedevole e disposto al cambiamento e sia chi non lo era stato affatto come le antiche corporazioni e le confraternite dei costruttori, che avevano ereditato dalle istituzioni iniziatiche e dagli antichi Collegi, specialmente greci e romani, l’uso di onorare i Solstizi, per rendere omaggio alla forza più grande della natura, cioè il Sole, ma che aveva riconosciuto nel simbolismo attribuito ai Santi una coincidenza di immagini con la divinità pagana, che andava oltre il dato semplicemente occasionale. In massoneria, erede di quelle comunità iniziatiche e corporazioni, è un segno, non privo di fascino, che le iniziali di Joannes “J” e di Baptista “B” ricordino le due colonne del tempio, così come l’apertura dei lavori sul Prologo del Vangelo di San Giovanni (depositario dei Misteri), al quale sono ricondotti i lavori massonici (non a caso alla domanda del M.V. “da dove venite” si risponde “dalla L. di San Giovanni, Venerabile Maestro”). 
I due San Giovanni in effetti risultano due punti di riferimento opposti e complementari. Il Battista annuncia la Rivoluzione Cristiana, l’Evangelista chiude il libro del Mondo con l’Apocalisse. L’uno è all’inizio e l’altro alla fine. L’uno è l’alfa e l’altro l’omega. Uno stesso nome con due significati opposti; due i volti di Giano, due sono i santi, così come due sono le feste, tutto rientra nel dualismo del principio della polarità: in questo modo il bifrontismo pagano si rinnova nel simbolismo cristiano, in questo modo si è consumato il passaggio da Giano ai 2 S. Giovanni. E non a caso gli attributi di S. Giovanni sono l'acqua con cui battezzava e il fuoco della Parola... un intelligente e utile espediente da parte del cristianesimo, per sovrapporsi alle antiche celebrazioni esaltanti i poteri della luce e del fuoco, delle acque, così i falò sono divenuti i fuochi di S. Giovanni e la rugiada l’acqua di S. Giovanni. 
Ma cosa significa il solstizio per un massone? Si può avanzare qualche analogia? Forse sì, col seminatore che sparge la semenza sulla Terra, la quale la accoglie in seno, speranzoso di frutti nella buona stagione. Seme in grembo alla madre e pia Terra. Anche noi, ben livellati nel gabinetto delle riflessioni, dove lasciammo i metalli del mondo profano, ci disponemmo alla seminagione dell'esoterismo e bussammo alla porta del Tempio per cercare la Luce. Ci facemmo seme. E siamo cresciuti nelle diverse stagioni: apprendista, compagno, maestro. E se siamo cresciuti, vogliamo crescere ancora. Nelle stagioni future. Sempre! 
Anche quest'anno abbiamo lavorato, ognuno con il proprio compasso, che ogni fratello apre e richiude, a seconda delle capacità di ripiegamento sulla propria coscienza introspettiva al fine di conoscersi meglio e migliorare. Il miglioramento dei singoli è poi il miglioramento di tutti. Ognuno di noi ha lavorato, ha squadrato molte e varie pietre informi e grezze per la crescita del suo tempio interiore, contribuendo così alla elevazione del Tempio universale della Grande Famiglia Massonica. Ora è giunto il tempo del riposo per l’estate, la stagione che il Battista ci apre innanzi. Il Battista che sembra dirci: Fratello, ora va’, prendi il tuo riposo meritato - e muratorio - come io lo presi lungo il Giordano. E sappi essere Luce, Luce di solstizio, quella che mette nel granaio il seme di futura pianta, e quindi di sostentamento spirituale e morale. 
M:. L:.


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