Maestro Venerabile, Fr. tutti nelle vostre cariche e dignità, vi ringrazio per la vostra benevolenza e ringrazio l’Altissimo per averci concesso di condividere il nostro cammino.
La tavola di stasera riguarda Il simbolismo del serpente nella Tradizione e nella Bibbia.
Parlare dei simboli non è così semplice, ma la materia è molto affascinante e la tavola merita un preambolo, che nei limiti delle mie capacità, mi sono sforzato di ridurre e concentrare in breve.
Etimologia della parola simbolo
La parola simbolo deriva dal latino Symbolum ed a sua volta dal greco súmbolon dalle radici (sym-,"insieme") e (bol, "un lancio"), avente il significato approssimativo di mettere insieme due parti distinte. Nella lingua corrente della Grecia antica, il termine simbolo (Σύμβολον) aveva il significato di “tessera di riconoscimento” o “tessera ospitale”, secondo l’usanza per cui due individui, due famiglie o anche due città spezzavano una tessera, di solito di terracotta, e ne conservavano ognuno una delle due parti a conclusione di un accordo o di un’alleanza, da cui anche il significato di “patto” o di “accordo” che il termine greco assume per traslato. Il perfetto combaciare delle due parti della tessera provava l’esistenza dell’accordo.
Nell'uso comune un simbolo può essere definito come qualcosa il cui valore o significato è conferibile allo stesso da coloro che ne fanno uso, ma nel mondo della tradizione è impossibile circoscrivere il simbolo entro i limiti del suo significato e della sua definizione, perché è un mezzo evocativo che rimanda sempre a qualcos’altro, qualcosa la cui esistenza o conoscibilità dipendono dal simbolo stesso, per creare tra il divino e l’umano una comunicazione tali da farli congiungere l’uno all’altro.
L'uomo crea simboli anche inconsapevolmente per tentare di esprimere l'invisibile e l'inafferrabile, e i simboli prendono vita, sono vettori di orientamento che ci indicano un punto di partenza. Al di là delle lingue, delle etnie, delle culture, il linguaggio dei simboli è un linguaggio trasversale le cui tracce si ritrovano da un luogo all’altro, da un periodo storico all’altro. Il simbolo per definizione è ciò che unisce...sicché quello dello studio dei simboli è un viaggio attraverso i secoli e i continenti, un viaggio di esplorazione, per una ricerca intellettuale e spirituale nelle profondità interiori e nelle altezze esteriori, nell’immanente e nel trascendente, sul piano orizzontale e su quello verticale, ma soprattutto dentro di sé.
Mircea Eliade, con semplicità e chiarezza ha detto:“Il Simbolo è esso stesso una ierofania, perché rivela una realtà sacra o cosmologica che nessun’altra manifestazione è capace di rivelare.”
Per estrarre dai simboli il loro significato è necessario riflettere, ma la comprensione del simbolo non ha nemico maggiore della razionalizzazione, perché non si tratta di un'acquisizione puramente mentale, ma di una conoscenza totale, al tempo stesso intellettuale, affettiva, e spirituale. Se provassimo a estrarre il significato attraverso una catena di corrispondenze, riducendolo ad una unità logica, il simbolo svanirebbe: sarebbe come pelare una cipolla per trovare la cipolla. La comprensione del simbolo invece non può che essere interiore, perchè esiste proprio in virtù dell'elemento inafferrabile che esso esprime e insieme nasconde.....
Mi sono soffermato sul simbolo, perchè la tavola di questa sera ci catapulta nel simbolismo biblico, ed in particolare sul significato simbolico del serpente.
Qualche cenno sul simbolismo biblico ci sarà utile.
La Bibbia è un insieme di testi, ricompilati a partire dal XIII secolo a.C., opera di diversi redattori (almeno quattro, forse anche dieci) indipendenti tra loro, ispirati da Dio, per insegnare, per riprendere, per correggere, per disciplinare nella giustizia, affinché l’uomo di Dio sia pienamente competente, del tutto preparato per ogni opera buona. Tutto ciò che si trova nella Parola di Dio è prezioso, compresi i resoconti storici, le leggi e i consigli di natura spirituale. L’intera Bibbia, dalla Genesi all’Apocalisse, abbonda di simboli. Solo per richiamare i primi che vengono in mente vi ricordo l'agnello, il vino, l'olio, l'ulivo, l'asino il bue, la colomba, la grotta, il cielo, il monte, la nube, il vento, l’acqua, il fuoco, le nozze / lo sposo, il profumo, la luce, la tenebre, il tempio, il sicomoro, la palma, il battesimo, i colori, i numeri. Non c’è alcun dubbio che il simbolismo, nelle sue varie forme è intenzionalmente presente nelle scritture, anzi potremmo proprio dire che il simbolismo è il linguaggio delle scritture.
Perchè l'uso dei simboli?
Tante le ragioni:
a) perchè i simboli hanno la capacità di impressionare la mente umana, specialmente con la loro presenza continua nella vita quotidiana e di insegnare concetti astratti;
b) perché i simboli hanno diversi livelli di comprensione adattabile alle capacità spirituali, emotive o psichiche di chi li studia;
c) perchè i simboli hanno una valenza universale e senza tempo, quindi non soggetti a perdita di significato a causa di trascrizioni e traduzioni (che possono essere errate o infedeli);
d) perchè i simboli possono essere usati per proteggere ciò che è sacro da coloro che non sono degni di comprenderlo e allo stesso tempo rivelare le dottrine ai puri di cuore: questo è il caso delle parabole che frequentemente usava Gesù.
e) perchè per comprendere i simboli dobbiamo fare un certo sforzo: il loro uso incoraggia a ponderare la verità e cercare la guida dello Spirito Santo.
Il racconto favolistico delle Sacre Scritture è quello exoterico fideistico, ma se vogliamo comprendere le Scritture Sacre, se cerchiamo la Luce, se cerchiamo di creare tra il divino e l’umano una comunicazione tali da farlicongiungere l’uno all’altro, allora dobbiamo studiarle esotericamente, attraverso il simbolismo: dobbiamo leggere e scoprire il significato dei simboli per volgere la nostra vista al macro cosmo, per ampliare il nostro orizzonte, per cercare di capire e compiere la volontà dell'Altissimo, per ammirare, nei limiti che ci concesso, il Disegno Architettonico dell'Altissimo e ringraziarlo.
Non abuso oltre della vostra pazienza e benevolenza.
Il simbolismo del serpente nella Tradizione.
Fin dai tempi più antichi i nostri predecessori sono stati incuriositi dalla natura e dalle cose che lo circondano, principalmente quando queste sono “diverse” o sembrano “strane” ai suoi occhi, dalle quali cercavano di cogliere le corrispondenze, la verità, le leggi dell’Universo.
Probabilmente non c'è animale più rappresentato nella simbologia di tutti i tempi come il serpente: l'uomo è sempre stato affascinato da questo animale fin dai tempi più antichi. In moltissime culture, nelle leggende, nelle cosmogonie, nei miti, nell'iconografia, protagonista assoluto di molte storie ataviche, è un simbolo dell'inconscio collettivo che riveste grande importanza.
Il serpente rappresenta un simbolo polivalente, universalmente presente in tutte le culture. Per capire il significato del simbolo, dobbiamo “vedere” con gli occhi degli iniziati.
Animale ctonico e misterioso: con movenze sinuose emerge dalle profondità terrestri, sorgendo dagli oscuri anfratti nascosti e protetti.La sua dimora sono i grovigli di radici intricate, le cavità terrose, ma anche le sorgenti, i corsi d’acqua e le paludi, i margini dei sentieri battuti dal sole e i rami degli alberi, delicatamente ombreggiati dal fresco fogliame. Emerge improvvisamente dalle profondità della terra,un punto che diventa una linea vivente, duale o policroma, doveva apparire come un cordone ombelicale; una linea che può prendere la forma di tutti gli ambienti che lo circondano, che può restare immobile per poi scattare rapidissimamente, uccidere e sparire. Immaginate ora per un attimo la meraviglia alla vista dell’esuviazione (o muta), quell’evento biologico durante la quale il serpente, essendo cresciuto, perde completamente la pelle vecchia, lasciandola appesa a un ramo o a una roccia, mostrando una nuova pelle, più lucida e bella.
Agli occhi dei nostri predecessori, il serpente è strettamente connesso con tutti gli elementi: terra, acqua, fuoco, aria ed energia.
Poiché emerge,verso la luce, dalle profondità della madre terra o dalle acque, e vive in armonia con ogni loro vibrazione, appartiene alla terra, all’acqua e al cielo, ed èportatore di vita, perché è l'essere che meglio incarna e rappresenta la forza vitale che scorre sinuosa sotto e sopra la superficie; proprio per tale motivo il Serpente viene considerato anche il simbolo della conoscenza.
Come custode dei segreti terrestri, il serpente percepisce ogni movimento del suolo e del sottosuolo, prima ancora che i suoi effetti si verifichino e si mostrino sulla superficie della terra e agli occhi degli uomini.
Esso era quindi considerato l’animale della profezia, ed era proprio la profezia ciò di cui si occupavano le antiche sacerdotesse che venivano chiamate pythie (serpi), pitonesse o drakaine.
Attraverso la loro sapienza misteriosa e il loro intimo legame con la terra e le dimensioni divine, le pitonesse percepivano la voce del divino, i suoi messaggi, e ciò che sarebbe successo in un prossimo futuro. Guardiane e mantenitrici del potere del serpente, che in loro era risvegliato e attivo, interagivano direttamente con esso e ne offrivano le sacre emanazioni, come mostrano le antiche statuette cretesi di donne che tengono serpenti tra le mani, sui fianchi o sul ventre, oppure, nel caso delle baccanti, li ripongono in un canestro – forse simbolo del grembo femminile, luogo per eccellenza in cui l’energia divina della dea madre potrebbe far sentire la sua presenza.
Il serpente è strettamente connesso anche all'aria e al fuoco, quando si muove guizzando nella forma delle fiamme che danzano nel focolare e delle spire di fumo che si elevano sopra di esse, dei mulinelli di polvere formati dal soffiare del vento, del saettare dei fulmini durante i temporali. Infine è simbolo dell'etere-energia, il quinto elemento, che fa da legame per gli altri quattro, rendendosi veicolo per l'energia divina e spirituale che vi infonde la vita e permette l'esistenza fisica.
Il suo letargo stagionale e, soprattutto, la sua muta, rappresentano il perenne ciclo di rigenerazione della natura, che mostra come la vita si trasformi lentamente in morte, e la morte in nuova vita. In questo ciclo immutabile, il serpente richiama in particolare il passaggio che unisce la morte alla rigenerazione, il sonno al risveglio, ovvero il cambio di pelle, la metamorfosi da uno stato precedente a quello successivo, la trasmigrazione dell’anima da un corpo che cessa di vivere ad un altro concepito nel ventre materno, oppure la morte iniziatica, la trasformazione interiore nata dal pieno raggiungimento della consapevolezza divina, alla quale consegue una rinascita spirituale. La perdita della pelle da parte del serpente ed il suo costante rinnovo lo rese un simbolo di eternità ed immortalità, protagonista di miti, incarnazione di divinità e del potere della guarigione, intesa sia come annullamento e liberazione da ogni stato d’animo pesante e oscuro, così come da ogni malattia spirituale, che avviene in seguito al contatto diretto col divino; sia come semplice eliminazione dei mali fisici(il suo veleno, infatti, anticamente era unito a particolari erbe medicinali e usato, in piccolissime dosi sapientemente preparate, per curare certe malattie).
Il significato del simbolo del serpente di nascita, vita, morte e rinascita, di eternità ed immortalità, ha ispirato e generato l’immagine dell’Uroburo di un serpente che si morde la coda e la inghiotte. Questa figura simbolica rappresenta l'immagine del cerchio che personifica l'eterno ritorno. Esso sta ad indicare l'esistenza di un nuovo inizio che avviene tempestivamente dopo ogni fine. In simbologia, infatti, il cerchio è anche associato all'immagine del serpente che da sempre cambia pelle e quindi, in un certo senso, ringiovanisce. In alcune rappresentazioni il serpente è rappresentato mezzo bianco e mezzo nero, richiamando il simbolo dello Yin e Yang, che illustra la natura dualistica di tutte le cose e soprattutto che gli opposti non sono in conflitto tra loro. L'Uroboro rappresenta il circolo, la metafora espressiva di una riproduzione ciclica, come la morte e la rinascita, la fine del mondo e la creazione, e di conseguenza anche l'eternità iconograficamente rappresentata dal cerchio stesso. E’ con questa accezione che il serpente assume l’icona dell’aspetto ciclico della natura e della sacra ruota della vita-morte-vita. Abbiamo la morte e la rovina, rappresentate dal veleno letale, ma anche la guarigione e la trasformazione perenne, date dal mutare della pelle.
La caratteristica più significativa del simbolo del serpente è la dualità, il contenere nel proprio archetipo coppie di opposti: guarigione e malattia,ordine e caos, rigenerazione e morte. Ecco perché il simbolo del serpente è quello universalmente riconosciuto come il più esoterico e simbolico per eccellenza: in lui sono presenti il compiuto e l’eterno divenire, il materiale manifesto e l’immateriale eterico, il bene ed il male, il ciclo che si rinnova ed il cerchio che si chiude.
Di grande interesse mi sembrano il Caduceo e il bastone di Esculapio, due simboli spesso confusi: il Caduceo, quello con i due serpenti, usato come emblema della medicina, è il simbolo di Mercurio (Ermes o Ermete) e ancor prima di ENKI divinità dei Sumeri. Successivamente i greci vi aggiunsero le ali, per rappresentare le ali che aveva ai calzari Hermes, e vi collocarono in cima una sfera. Secondo una leggenda romana, il caduceo ebbe origine quando Hermes si imbattè in due serpenti che lottavano. Il dio pose fra loro la sua verga e da allora diventarono amici, avvolgendosi intorno al bastone e rimanendo sempre insieme. In questa leggenda la verga rappresenta l’armonia raggiunta per mezzo della comunicazione. Il bastone di Asclepio o Esculapio (dio greco-latino delle arti mediche), che è l'emblema originario dell'arte medica, invece, è fatto da un bastone con un serpente attorcigliato: il serpente, con il suo cambiar pelle ogni anno, simboleggia il ringiovanimento, ed è quindi adatto a indicare il miglioramento ottenuto grazie alle cure mediche; la verga di Esculapio simboleggia l’azione dell’uomo nel somministrare le cure agli uomini.
Tracciata la simbologia del serpente nella tradizione, per non gravare la tavola architettonica trascuro, sebbene di grande interesse, i processi di mitopoiesi, i miti, i riti e le religioni essoteriche generate dalla simbologia del serpente nelle diverse popolazioni, diverse eppure simili sebbene lontane tra di loro territorialmente e temporalmente, ad eccezione, nella stesura del disegno, di una vista alla finestra del simbolismo del serpente nei culti di Cananei, per la radice comune con il mondo Ebraico, proveniente da Ur, e le contrapposizioni storiche che emergono nella simbologia biblica e le ricadute nel Cristianesimo.
Il simbolismo del serpente nella Bibbia.
Per comprendere il significato Biblico del serpente, necessita contestualizzarlo nella storia degli Ebrei. Quando Dio volle scegliere un popolo per l´incarnazione del suo Figlio, fece la terza Alleanza con Abramo, il quale con il sacrificio di Isacco mise il sigillo alla volontà di Dio. La Storia degli Ebrei risale tradizionalmente ad Abramo, che viveva ad Ur, in Mesopotamia, intorno al XIX secolo A.C.. Secondo la Bibbia Abramo ricevette da Dio l’ordine di andare in Palestina.
I successori di Abramo furono Isacco e Giacobbe, considerato il capostipite del popolo ebraico, infatti i suoi dodici figli guidarono le famose dodici tribù d’Israele. Intorno al XVIII secolo A.C., gli Ebrei migrarono in Egitto in seguito ad una forte carestia. Nel corso della loro migrazione e negli anni in cui vissero in Egitto, gli Ebrei assimilarono gli Dei e i culti delle popolazioni con le quali erano venuti a contatto, attuando un sincretismo religioso, comune a tutte le popolazioni del tempo, tradendo il patto di fedeltà con Dio, e Dio li abbandonò. Dopo vari secoli di vita prospera l’etnia degli Ebrei fu oppressa e gli Ebrei invocavano Dio. Dio ebbe compassione del suo popolo e chiamò Mosè (XIII secolo a.C.)a liberarlo. a Mosè rilevò il suo nome: JHA, la cui traduzione è Io sono Colui che è, che si pronunciava YHAWHE', da cui il tetragramma YHWH . Da questo momento Dio ha un nome proprio. Non sarà più chiamato Adonai, che significava Signore o El, che significava il più alto e si confondeva con altre divinità, ma Jhawhè
Tale termine lo ritroviamo anche nel Nuovo Testamento nell'“Allelu-YHA”, che significa Lodate YAH, ovvero Lodate IO SONO. Si avvera così dunque il volere di Dio che proprio con QUEL NOME venisse invocato e ricordato per sempre.
E il patto di alleanza fu rinnovato con la reintroduzione della Pasqua (pesach) in uso nel periodo in cui gli Ebrei erano pastori nomadi, segnando lo stipite della porta per essere risparmiati dal flagello che si sarebbe abbattuto sugli egiziani, a significare ed ammonire che dovevano tornare alle origini, dovevano riscoprire e reimparare a vivere come pastori nomadi, purificare la propria fede e confidare in Dio: per questo vagarono nel deserto per 40 anni, il tempo del passaggio di un'intera generazione, prima di giungere nella terra promessa, in Palestina, dove si reinsediarono.
Lì, nel deserto, divennero un popolo, lì ai piedi del Sinai, ancora una volta rinnovarono l'Alleanza, con le tavole della Legge consegnate a Mosè, che furono poi conservate nell’Arca dell’Alleanza e che sono alla base della tradizione biblica.
Proprio i primi due comandamenti però sono la conferma che a quel tempo gli Ebrei, erano politeisti come tutte le altre popolazioni, ed invero lo rimarranno anche successivamente, almeno fino al VII A.C. Tutto questo è uno stato di fatto che la Bibbia ammette apertamente, pur disapprovandolo:
In Esodo (Es 32,1-6), quando Mosè tardava a scendere dal monte, il popolo chiese ad Aronne: ″Fa’ per noi un dio che cammini alla nostra testa, perché a Mosè, quell’uomo che ci ha fatto uscire dalla terra d’Egitto, non sappiamo che cosa sia accaduto″. Ed Aronne si fece consegnare i monili d'oro, li fece fondere in una forma, ne modellò un vitello di metallo fuso e disse loro: ″Ecco il tuo Dio, o Israele, colui che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto! ″. Poi fece costruire un altare davanti al vitello e proclamò: ″Domani sarà festa in onore del Signore″. E il giorno dopo fecero festa.
La scelta della figura del vitello richiamava l'immagine di Baal, figlio di El, il più alto, venerato nella regione medio-orientale, in tutta la mezzaluna, in Egitto anche dagli Ebrei col nome di Apis.
Incidentalmente voglio richiamare l’attenzione sul fatto che nella Bibbia incontriamo ripetutamente il nome El, Eloah, Elohim, Elahh per indicare il Creatore del mondo, ma in questa sede non voglio addentrarmi sul tema, bensì sulla figura di Baal, più interessante per capire la simbologia biblica del serpente.
Baal era il Dio della fertilità, della vita; aveva l'aspetto del toro perché il vitello (il toro) era segno della forza fisica e della fecondità ma era associato al serpente per simboleggiare che era portatore di luce e conoscenza e la sua immortalità. Al suo culto erano legati i riti dei sacrifici (anche umani) e i riti della fecondità con la prostituzione sacra.
La scelta fatta da Aronne era in pieno contrasto con l’Alleanza con il Signore, ma ciò consentiva di soddisfare il desiderio lungamente coltivato da Israele di essere come gli altri popoli. Si sentivano a disagio nel vedersi separati e diversi, come li aveva voluti Dio. Grande era l'ira del Signore, ma Mosè la placò con la preghiera, chiedendogli di risparmiare il suo popolo, ricordandogli le sue promesse. Grande fu la collera di Mosè e la punizione: «Chi sta con il Signore, venga da me!», disse Mosè. Gli si raccolsero intorno tutti i figli di Levi. Gridò loro: «Dice il Signore, il Dio d'Israele: Ciascuno di voi tenga la spada al fianco. Passate e ripassate nell'accampamento da una porta all'altra: uccida ognuno il proprio fratello, ognuno il proprio amico, ognuno il proprio parente».
I figli di Levi agirono secondo il comando di Mosè e in quel giorno perirono circa tremila uomini del popolo.
L'episodio è importante perchè svela il conflitto tra il culto per Baal e quello per YHWH. Nel libro dei Giudici (Giudici, 10:6) è detto: "I figli d'Israele continuarono a fare ciò che è male agli occhi del Signore e servirono gli idoli di Baal e di Astarte, gli Dei della Siria, gli Dei di Sidon, gli Dei di Moab, gli Dei degli Ammoniti e gli Dei dei Filistei"
Dal libro dei Giudici si apprende anche che Gedeone (secolo XI a.C.) distrusse un altare dedicato a Baal, e dal libro delle Cronache, si apprende che Ezechia si oppose al baalismo: questo testimonia che anche dopo che gli Ebrei si erano reinsediati nuovamente in Palestina, il conflitto con le popolazioni del territorio, non era limitato al dominio territoriale, ma è proseguito per secoli sul piano religioso, perchè il culto di Baal era radicato nella popolazione e coesisteva con quello di YHAWHE', concorrenti tra loro, perché entrambi erano visti come generatori di vita, dispensatori di pioggia, e quindi propiziatori di fertilità.
Questo conflitto riverbera i suoi effetti sul simbolismo del serpente biblico.
Dobbiamo fare subito un distinguo tra il testo degli autori della Bibbia e quello dei suoi traduttori: sono questi ultimi che nella traduzione, talvolta per errori di etimologia, incomprensione di struttura interna, confusione di parole affini, vecchi equivoci di traduzione, e metafore non comprese, altre volte, invece, consapevolmente lo hanno adattato al proprio contesto. Il processo di ribaltamento della simbologia del serpente, per affermare l'onnipotenza di YHAWHE' e delegittimare il pantheon delle divinità delle altre popolazioni e soprattutto di Baal: è stato uno di quei processi operati gradualmente, con maestria e sottigliezza linguistica.
E' interessante vedere e capire come è intervenuto questo processo.
Nel libro dei Numeri 21:4-9 è scritto:
"[4]Poi gli Israeliti partirono dal monte Cor, dirigendosi verso il Mare Rosso per aggirare il paese di Edom. Ma il popolo non sopportò il viaggio.
[5]Il popolo disse contro Dio e contro Mosè: «Perché ci avete fatti uscire dall'Egitto per farci morire in questo deserto? Perché qui non c'è né pane né acqua e siamo nauseati di questo cibo così leggero».
[6]Allora il Signore mandò fra il popolo serpenti velenosi i quali mordevano la gente e un gran numero d'Israeliti morì.
[7]Allora il popolo venne a Mosè e disse: «Abbiamo peccato, perché abbiamo parlato contro il Signore e contro di te; prega il Signore che allontani da noi questi serpenti». Mosè pregò per il popolo.
[8]Il Signore disse a Mosè: «Fatti un serpente di rame e mettilo sopra un'asta; lo chiamerai Yèshùa poiché egli salverà il suo popolo (chiunque, dopo essere stato morso, lo guarderà resterà in vita)».
[9]Mosè allora fece un serpente di rame e lo mise sopra l'asta; quando un serpente aveva morso qualcuno, se questi guardava il serpente di rame, restava in vita."
Questo brano è importante, perchè svela come una traduzione cambi completamente il significato.
Di cosa si parla? Del serpente o di altro.
Apparentemente l’autore biblico parla del serpente, apparentemente è conservata la bipolarità del serpente da un lato i serpenti velenosi o brucianti, dall'altro il serpente di rame innalzato sul vessillo. Come poteva la Torah incoraggiare situazioni che sfocerebbero nell'idolatria, che è il peccato più grave che l'ebreo possa commettere?
Allora dobbiamo pensare che la parola indicava altro, ed infatti così è: il serpente di rame non è quello che appare, ma una cura, un antidoto che si oppone al male le cui pozioni salvifiche erano appese ad un’asta collocata la centro del campo, forse anche sovrapposta da un serpente di rame come un vessillo ospedaliero..
Nel brano i serpenti velenosi sono indicati con la parola nahash נחש.
Serpente di rame è indicato con la parola נחושת, ma la stessa parola significava serpente e rame, la differenza si comprendeva solo dalla vocalizzazione: la parola significava rame quando era letta nehoshet, significava serpente femmina quando era letta nahoshet.
Il brano biblico non incoraggia l'idolatria, ma sta affermando che per guarire dal morso velenoso di serpente nahash, occorre nahoshet, il suo opposto (estratto dal serpente femmina) e non l’idolo di rame che semmai indicava dove si trovava. Il nahoshet è esattamente l'antidoto, cioè l'opposto a ciò che il nahash, serpente velenoso, provoca. Il popolo vedeva il simbolo del serpente e sapeva che a fianco avrebbe trovato l'antidoto, in caso di morso. La medicina ebraica, almeno empiricamente, era molto avanzata, e aveva scoperto che il veleno si cura con il veleno, probabilmente associato ad erbe anti ofidiche, quindi al serpente si rimedia con il serpente.
Nel tempo però si è perso il significato originale e la parola נחושת è transitata e veicolata come serpente di rame. Questa la percezione anche al tempo di Gesù, infatti Giovanni nel suo vangelo(Giovanni 3, 14-15) dice: «e come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna» , ma questo significa anche che almeno fino al tempo di Gesù, il simbolo del serpente era un segno di salvezza ed è per tale motivo che il serpente di Mosè, spesso è disegnato mentre è avvolto non su una semplice asta, ma su una croce!
Ma veniamo ora alla Genesi. Torniamo indietro e partiamo dalla creazione (Genesi 1,26-28), senza perdere di vista le parole:
E Dio disse: «Facciamo l'uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra».
Ora facciamo un salto e andiamo in Genesi 3, 1-5: e 14-15
1]Il serpente era la più astuta di tutti i viventi del Creato fatte dal Signore Dio. Egli disse alla donna: «E' vero che Dio ha detto: Non dovete mangiare di nessun albero del giardino?». [2]Rispose la donna al serpente: «Dei frutti degli alberi del giardino noi possiamo mangiare, [3]ma del frutto dell'albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: Non ne dovete mangiare e non lo dovete toccare, altrimenti morirete». [4]Ma il serpente disse alla donna: «Non morirete affatto! [5]Anzi, Dio sa che quando voi ne mangiaste, si aprirebbero i vostri occhi e diventereste come Dio, conoscendo il bene e il male». ...
[14]Allora il Signore Dio disse al serpente: «Poiché tu hai fatto questo, sii tu maledetto più di tutto il bestiame e più di tutte le bestie selvatiche; sul tuo ventre camminerai e polvere mangerai per tutti i giorni della tua vita.
[15]Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno»
Da questo brano, così tradotto, discenderà la condanna del serpente, che diventerà il simbolo della tentazione del male, di nemico di Dio, di Satana, l'angelo che si è ribellato al Creatore e vuole giungere alla Conoscenza, eppure è pacifico che almeno fino ai tempi di Gesù il simbolo del serpente simboleggiava la conoscenza, la salvezza, la rigenerazione.
Allora si pone qualche interrogativo. A cosa allude il testo biblico? Fu davvero un serpente a tentare Eva? Perché “satana” fu simboleggiato proprio dal serpente nella Genesi, e non da un altro animale?
L’autore biblico utilizza la parola ebraica nahash; che significa serpente, ma significa anche ... essere angelico come i Serafini o i Cherubini, perché come il serpente sono messaggeri e portatori di luce e conoscenza, e infatti la parola nahash è quella utilizzata in Isaia 6 per indicare i serafini (1 Nell'anno in cui morì il re Ozia, io vidi il Signore seduto su un trono alto ed elevato; i lembi del suo manto riempivano il tempio. 2 Attorno a lui stavano dei serafini, ognuno aveva sei ali; con due si copriva la faccia, con due si copriva i piedi e con due volava. 3 Proclamavano l'uno all'altro: «Santo, santo, santo è il Signore degli eserciti. Tutta la terra è piena della sua gloria».).
Riprendiamo l’incipit leggendolo come ci è pervenuto dalle traduzioni: Il serpente era la più astuta (ārûm) di tutti i viventi del Creato fatte dal Signore Dio, ma il simbolo del serpente non era associato all’astuzia, né associato al male o al peccato, e non lo sarà nemmeno nel Vangelo infatti Gesù dirà: “Ecco, io vi mando come pecore in mezzo ai lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe.” (Matteo 10:16).
Traducendo la parola nahash come serpente, ne discenderebbero diverse incongruenze evidenti, ad esempio:
a)Eva non trova strano che questo essere parli, ma il serpente non ha apparato fonatorio;
b) Se il dialogo fosse stato con un serpente, non avrebbe avuto alcuna influenza su Eva, perché, essendo dato all’uomo il dominio anche sui rettili(Genesi 1:28), le sarebbe stato nettamente inferiore;
c) La condanna inflitta per umiliazione al serpente dice: sul tuo ventre camminerai e polvere mangerai per tutti i giorni della tua vita. Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe:questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno: questa sarebbe una incongruenza evidente con il passo biblico precedente laddove è detto: l’uomo domini … su tutti i rettili che strisciano sulla terra, dal quale si deduce che nella Creazione il serpente non era munito di arti, ma già strisciava sulla terra, quindi non avrebbe senso la condanna … sul tuo ventre camminerai e polvere mangerai per tutti i giorni della tua vita.
Capite il gioco?
L’autore biblico descriveva l’incontro di Eva con " nahash ārûm", un astuto essere angelico il più astuto fra tutti gli esseri del creato (NON DELLE BESTIE SELVATICHE), ma lo associava la serpente, che aveva le stesse qualità degli angeli, quindi era diabolico come l'angelo decaduto al quale si riferiva l’autore biblico: Eva non poteva distinguerlo da tutti gli altri angeli, non poteva capire la sua natura, i suoi intenti, quindi l’essere angelico la potè indurre in tentazione, perchè con la sua una conoscenza superiore la poteva influenzare.
L’accostamento delle parole nahash e ārûm degli autori biblici non creava confusione, ma è stato magistrale, sapiente e sottile perché sfruttando il significato plurimo della parola, si voleva proprio accostare il serpente, associato a Baal, alla figura dell’angelo decaduto, con l'intento di affermare l’onnipotenza di Jhawhè e delegittimarne il culto radicato nelle popolazioni ebraiche.
I traduttori, successivamente hanno assecondato l’autore biblico, completando l'opera con la definitiva sostituzione del serpente all'angelo decaduto, per instillare un totale ribaltamento del significato, riassumere il simbolo come “antagonista di Dio ed estirpare definitivamente il culto di Baal, associandolo al male, operazione portata a termine nel bestiario medievale, recepita nell’arte sacra ed ormai, così radicata nella cultura e nella società, la ritroviamo nella letteratura contemporanea, basti ricordare che proprio una serpe , con la lingua a penzoloni, è lo stemma della "casata dei Serpeverde" di Hogwarts, alma mater di tutti quei maghi che , nella saga di Harry Potter, si mettono sulla cattiva strada...
Maestro Venerabile, Fratelli tutti, ho detto.
M:. L:.