La_catena_d'unione

A∴G∴D∴G∴A∴D∴U∴
LA CATENA D’UNIONE
Le parole del Maestro venerabile: “Fratelli miei, togliamo i guanti e formiamo la catena d’unione”, aprono il rito di chiusura di 1°grado, come un sacro sigillo alla tornata partecipativa di tutti i fratelli. 
Ci uniamo in cerchio, le mani si incrociano come una croce di S.Andrea, la destra si stringe alla sinistra, la prima copre, la seconda sostiene come un intimo attraversamento dei nostri cuori, il cerchio si restringe al centro e la figura circolare che si forma ricorda l’Uroboros, il sacro serpente che si attacca alla coda divenendo un unitario assoluto.
Se invece guardiamo le nostre teste dall’alto la visione può far pensare ad un cerchio megalitico, un mehnir celtico formato da sferiche pietre con al centro il quadro di loggia, e con questa unione si manifesta il simbolo dell’UNO che diviene IL TUTTO.
La ritualità della catena d’unione rappresenta il simbolo della fraterna unione di tutti gli iniziati sulla terra.
La catena d’unione introdotta nella Massoneria francese nella seconda metà del XVIII secolo, ha origini primordiali nell’ambito della ritualità universale.
L’uso rituale della catena d’unione, mantenuto nella liturgia massonica, ha un’antichissima origine nelle danze rituali dei popoli antichi. Per questi la danza non era soltanto un mezzo di puro divertimento, ma aveva uno scopo di ritualità magica, in cui ci si riprometteva di mettere in opera una forza sovraindividuale, cercando di metterla a profitto della comunità.
Quest’antica operatività, la cui arte esiste ancora in alcune comunità religiose od esoteriche, è tuttora vivente. Secondo queste concezioni, la danza agisce su due piani:
1. Eggregorico: la formazione di un Eggregoro è facilitata dalla simultaneità dei movimenti, indotta dal ritmo musicale ossessivo, spesso dalla ripetizione di un motivo cantato di tipo mantrico, ecc. che produce una sinergia simultanea delle componenti psichiche ed animiche dei partecipanti.
2. Individuale: lo stordimento della coscienza impegnata in un’attività fisica di notevole fatica, l’assenza di pensiero che ne deriva,favorisce, in una sorta d’inebriamento spesso aumentato da bevande ed eccitanti, il distacco dei corpi sottili e quindi la possibilità d’estasi e visioni e di contatto quindi con i piani superiori.
A esemplificare quest’operatività si possono ricordare le danze dionisiache, che potevano terminare con il furore delle baccanti e delle menadi, dei sacerdoti cananei di Baal e dei profeti israeliti. Ai nostri tempi possiamo ricordare come nell’islamismo vi sia ancora la confraternita religiosa Mawlawiyyah o dei «dervisci giranti», la setta metodista degli Jumpers in Inghilterra ed in America, quella dei Chlysti nella Russia.
Nell’antico mondo mediterraneo i balli ciclici o pirrici, sia maschili sia femminili o misti potevano essere di semplice girotondo o tendendosi stretti incrociando le mani dietro le spalle. Il mito narra che fu Teseo che, per sciogliere un voto ad Apollo, danzò con i suoi compagni prima a destra, poi a sinistra, stabilendo così i primi ritmi della strofe e dell’antistrofe. 
Sono così caratterizzati i nostri stessi procedimenti d’apertura e chiusura rituale con deambulazione a destra (senso orario o solare), e, in alcuni usi rituali, la chiusura con deambulazione a sinistra (senso antiorario o polare).
Del resto L’ULTIMA CENA di cui oggi tanto si parla, non è forse una CATENA D’UNIONE per eccellenza? Negli Atti apocrifi di Giovanni il Cristo prima di essere arrestato dice ai propri discepoli: “…e occorre che noi si formi un cerchio, tenendoci per mano, gli uni con gli altri,…chi non è partecipe della catena non conosce ciò che sarà…Contèmplati in me che parlo e poiché Ti é dato di vedere ciò che io opero, mantieni il silenzio sui miei misteri”.
La caratteristica della catena d’unione così come oggi è effettuata è quella di aumentare in proporzione geometrica la potenzialità eggregorica dei partecipanti, che il capo-catena ha il compito di raccogliere e finalizzare con particolari metodiche. Il contatto fisico dei partecipanti, eseguito secondo le regole della fisiologia sottile, produce energia: la concentrazione dei partecipanti e quella del capo-catena la dirigono.
Questo contatto fisico si ottiene semplicemente stringendo con la mano destra la mano sinistra del partecipante, e viceversa, come nella pratica rituale del girotondo che inconsciamente i bambini effettuano da sempre, tenendo conto che l’energia circola meglio secondo queste considerazioni: la mano destra dell’uomo ha polarità positiva, la sinistra negativa. Per la donna, la polarizzazione è opposta. Se la catena fosse formata da soli uomini o sole donne, sarebbe sufficiente il tenersi semplicemente per mano. Se la catena è mista si deve procedere in tal modo: gli uomini incrociano le braccia (la destra sulla sinistra), prendendo la mano sinistra dell’uomo che gli è accanto con la mano destra. Le donne (alternate agli uomini) non incrociano le braccia ma avendole distese prendono con la destra (-) la destra (+) dell’uomo che gli è accanto a destra e con la sinistra (+) la sinistra (-) dell’uomo che gli è accanto a sinistra. Se le posizioni non fossero queste avremmo la sinistra dell’uomo (-) unita con la destra (-) della donna e la destra della donna (-) con la sinistra dell’uomo (-). In questo caso l’energia non potrebbe né prodursi né circolare.
Curiosamente la catena d’unione massonica, nelle comunioni solo maschili, - corretta in quanto sinistra [-] con destra [+] - è effettuata come se dovessero esservi elementi femminili. Quando la catena è correttamente chiusa ogni membro a occhi chiusi visualizza intensamente il volto del capo-catena che a sua volta, sempre a occhi chiusi, visualizza lo scopo o l’effetto proposto.
Quando il capo-catena ritiene che l’energia si sia prodotta e sia circolata correttamente, invia l’energia, scuotendo per tre volte le braccia (ogni volta con una pausa d’alcuni secondi) producendo lo stesso effetto nei partecipanti alla catena, che la sciolgono subito dopo. Le antiche scuole iniziatiche avevano una vera e propria teoria rituale sull’uso operativo della catena d’unione. 
Che cos’è l’Eggregoro? Si può rispondere con l’affermare che ogni collettività, ogni associazione ha la sua corrispondenza nei mondi invisibili.
Lo spirito di un gruppo è un essere vivente ed è più potente di ciascuna delle persone che compongono questo gruppo. Se il gruppo, oltre a riunirsi in forma sistematica si riunisce anche in forma rituale, lo spirito di gruppo acquisirà anche l’energia psichica derivante dalla comunione d’intenti dei partecipanti.
Ogni partecipante, apportando energia psichica attraverso i propri pensieri e desideri, produce una interazione nello spirito di gruppo tale da stimolare ulteriormente i componenti in comunione con gli scopi del gruppo o demotivare ulteriormente i componenti passivi o comunque non in sintonia perfetta.
La catena di unione si pratica, in generale, alla chiusura dei lavori di primo grado; ma, mentre in alcune Obbedienze ciò avviene immediatamente prima di tale chiusura, in altre viene considerata una specie di sigillo rituale della tenuta e la si pone in pratica dopo la chiusura dei lavori propriamente detti. C’è chi, invece, la mette in relazione diretta con l’iniziazione e quindi la inserisce nel momento preciso in cui si concede la luce simbolica all’iniziando, e infine c’è anche chi si limita a sottolineare quest’ultimo fatto tramite una modalità adattata specificatamente a questa circostanza.
Nelle Obbedienze latine la catena d’unione è generalmente collegata alla circolazione della «parola semestrale»; questa modalità, a quanto pare, fu introdotta, come si diceva prima dal Grande Oriente di Francia nell’anno 1773 per cercare di evitare ogni possibile interferenza da parte della Gran Loggia di Francia. 
E’ possibile sostenere che la catena d’unione abbia origini più antiche, e in questo senso alcuni autori suppongono che possa risalire al Compagnonaggio, dove la si conosce con il nome di «catena d’alleanza». Sempre fra gli antichi operativi è possibile che, secondo quanto sostiene Ariza, questo stesso rito servisse da supporto per il cadenzarsi collettivo di un’invocazione sacra; l’ipotesi è interessante, giacché da essa potrebbe svilupparsi tutta una serie di considerazioni attinenti il vero carattere della antica Massoneria.
In ogni modo si può dire che tale ipotesi non ha in sé niente di impossibile, specialmente se si ricorda che René Guénon affermò espressamente che «il nome divino invocato più particolarmente da Abramo fu sempre conservato dalla Massoneria operativa».
L’accoppiamento di questi due elementi -catena d’unione e invocazione- rimane suggestivo, considerando che esistono altre vie iniziatiche - come certe turuq islamiche (1) - che eseguono, più o meno analogamente, certe pratiche collettive di «incantazione». E il fatto che ancora oggi ci siano logge che, sul supporto della catena di unione, sono solite elevare una sorta di preghiera al Grande Architetto dell’Universo, potrebbe forse costituire un ricordo lontano e in un certo modo decaduto di quella ipotetica pratica operativa. 
In conclusione alcune riflessioni: cosa abbiamo sopra la nostra testa? Il cielo stellato. Cosa si sprigiona dalla nostra catena? Energia che va ad unirsi a quella degli altri fratelli sparsi nel mondo che in quel medesimo momento si riuniscono: “per edificare templi alla virtù, scavare oscure profonde prigioni al vizio e lavorare al bene ed al progresso della Patria e dell'Umanità”. 
E tale rituale energetico dispensatore dell’eggregoro è antico quanto il mondo.
Se infatti guardiamo indietro vediamo che il faraone era preso per mano dagli dei e formava con loro quella catena fra divino ed umano che è in fondo l’intima essenza e scopo del nostro riunirci. 
Ho detto.
Botticino 19 giugno 2009 E∴V∴
(1) Le Confraternite islamiche (taríqa, pl. turuq) sono un tardo fenomeno del sufismo. Dopo la prima fase individuale, i sufi si organizzarono infatti, a partire dal XII secolo, in strutture complesse di discepoli (murīd, pl murīdīn) che, sotto la guida di un Maestro, imparavano a percorre la Via mistica per giungere a una diretta conoscenza di Dio.
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