Commemorazione dei defunti

Commemorazione dei defunti

Gli iniziati contemplando l’universo e la natura, hanno intuito e visto l’Altissimo. Partecipando ai riti misterici della morte e della resurrezione, cercavano una mistica esperienza divina, cioè di avere un contatto individuale con la divinità. Vedendo che il corpo muore, si corrompe e si interrogavano sulla vita: nella ricerca interiore percepirono o intuirono che l´essenza vitale dell´essere umano, seppure priva di fisicità, di sentimenti, di facoltà mentali, perdura intatta: la scintilla Divina che la vivificava non muore mai e rientra nel grembo dell'Altissimo.
I misteri hanno rivoluzionato completamente la coscienza di sè, il senso della vita e della morte, dando origine alla pratica della inumazione o cremazione, al culto dei morti e alla commemorazione dei defunti: era importante la memoria del defunto, che doveva restare eterna, attraverso il ricordo delle persone care, con l’erezione di monumenti funebri o nei canti dei poeti.
La parola defunto etimologicamente discende dal participio passato del verbo latino defungi e significa compiere l’ufficio proprio, sciogliersi dagli obblighi: è quello il momento in cui l’Altissimo ci richiama a sé. Il nostro tempo terreno potrà essere lungo o breve, nel nostro cammino terreno possiamo essere gravati in misura diversa di sofferenze: è questo il mistero della vita e della morte. Non possiamo leggere il disegno del Grande Architetto dell’Universo, ma siamo chiamati ad avere fede, ad aprire il cuore alla speranza, a vivere nell’amore.
Miei fratelli, 
quando una persona cara ci lascia, quando non è più qui, e non possiamo più toccarla nè sentire la sua voce, sembra scomparsa per sempre; ma non è così: ciò che può sembrare la fine, è in realtà un nuovo inizio, perché il suo spirito resta; è con noi, in noi, e vive attraverso noi che restiamo: un affetto sincero, non morirà mai. Il ricordo delle persone che ci sono state care, vivrà per sempre nei nostri cuori, più forte di qualsiasi abbraccio, più importante di qualsiasi parola. 
Nei nostri lavori c’è un momento della cerimonia riservato che ai Fratelli passati all'Oriente Eterno; è un passaggio che non deve passare inosservato: è la prima azione del Rituale di apertura dei lavori, quella di accendere il Testimone, che è essa stessa una cerimonia, con il quale vogliamo ricordare tutti coloro "...i cui attrezzi sono caduti dalle loro mani perché chiamati ad un compito più importante...". 
E che cosa significa? Significa sentirlo presente tra i vivi, e così dichiarare una continuità di rapporto con lui, ovvero una continuità di comunicazione tra la vita e la morte; quindi una estensione della fratellanza dei viventi ai morti, in una catena universale, per essere fratelli nella vita attuale e oltre essa, anche dopo la morte. 
Fratelli, una Loggia non è semplicemente la sommatoria dei fratelli che ne fanno parte, ma è qualcosa di più: attraverso la ritualità, attraverso il lavoro comune, la Loggia giunge ad avere una dimensione nuova e diversa, che è qualcosa di più della semplice sommatoria dei suoi compo-nenti, quasi una coscienza collettiva che si sovrappone alla capacità di conoscenza di ognuno. In una Loggia, lavorando ritualmente, l’apporto degli altri fratelli diviene concreto e percettibile, ci fa sentire la presenza di chi, al nostro fianco, ci sostiene nel cammino iniziatico. Ed in questo contesto non importa se il Fratello sia ancora fisicamente con noi o sia passato all’Oriente eterno: nella Loggia, grazie al lavoro rituale, egli è ancora con noi, ci sostiene con il suo affetto, il suo pensiero rimane tra noi, ci offre spunti per migliorare la conoscenza.
Fratelli, la tradizione ha elaborato e trasmesso la commemorazione dei defunti (che non va confuso con il culto dei morti) per sentirli ancora parte presente e viva della Loggia, per averli ancora al nostro fianco, per ricordare con rispetto e con animo riconoscente il lavoro svolto, le opere, il pensiero di chi non c’è più, e a garantire che non si perdano, ma anzi siano di perenne riferimento per le generazioni future; tutto ciò che noi oggi utilizziamo con tanta naturalezza è stato costruito e conservato, con tenacia e sacrificio, da coloro che hanno lavorato prima di noi sulla pietra grezza, resistendo anche a momenti di grande difficoltà. 
La celebrazione della Commemorazione dei Defunti nella tradizione era fissata l’1 Novembre. Non era una da casuale: l’inizio del mese di Novembre, per tutti i popoli occidentali, segnava un passaggio fondamentale fra la stagione agricola (quella del raccolto) ed un’altra (quella dell’inverno infruttifero). Si credeva che in quella notte, che segnava il passaggio dal vecchio al nuovo anno, i confini tra l’aldilà e l’al di qua si assottigliassero e gli spiriti dei defunti potessero passare sulla terra. Quella era la notte in cui i morti tornavano nelle loro case per scaldarsi, rifocillarsi e per comunicare con i vivi. Da questa credenza nasceva l’abitudine di aggiungere un posto a tavola durante la cena e di lasciare cibo sul desco e frutta e latte sulla soglia di casa per i propri cari trapassati, oltre a quella di accendere grandi torce sulle strade per illuminare il loro cammino e di commemorarli. Era una celebrazione molto radicata; per cristianizzarla Papa Gregorio II, nell’anno 835, spostò la festa di Ognissanti in cui si ricordano i Santi, termine con il quale nella chiesa primitiva si indicavano tutti i cristiani defunti, che fino allora cadeva nel periodo della Pentecoste, da maggio al 1° novembre. Un secolo dopo, resasi conto che in tutta Europa persistevano le celebrazioni pagane in onore dei defunti, la Chiesa decise di inglobare anche quelle nel proprio ambito: per questo motivo nel 998 Odilo, abate di Cluny, istituì il 2 novembre come giorno dedicato alla Commemorazione cristiana dei Defunti
La Massoneria commemora i defunti il 10 marzo. La fissazione di una diversa data da quella tradizionale della celebrazione della Commemorazione dei Defunti, nasce dalla volontà di sottrarci alla sovrapposizione della celebrazione operata dalla Chiesa per cancellare la tradizione. 
La data scelta è l’anniversario della morte di Giuseppe Mazzini. L’appartenenza di Giuseppe Mazzini all’Istituzione non è stata mai provata, ma i suoi scritti sui doveri dell’uomo verso l’Umanità, verso la Patria, verso la famiglia, verso se stessi, con i quali ha alimentato la difesa e la diffusione dei valori di Libertà, Uguaglianza, Fratellanza lasciano chiaramente intendere quanto lo spirito di Mazzini fosse vicino ai principi e ai valori massonici al di là e al di sopra di una formale iscrizione all’Ordine, e a buon diritto è considerato l’apostolo della Fratellanza Universale. 
Nel prendere a riferimento la data della sua morte per onorare e ricordare i defunti, la nostra Istituzione lo eleva a simbolo di amore fraterno, di ricerca della verità, di fede negli ideali e nella loro forza, a simbolo infine di profondo rispetto per ogni individuo, per ogni pietra del grande Tempio Universale. Ma questa data è stata scelta non solo per ricordare Mazzini, ma anche perchè si colloca a ridosso dell'Equinozio di Primavera, in un periodo aperto alla gioia e alla speranza.
Fratelli, permettetemi di ricordare ed onorare un nostro Fratello passato all’Oriente Eterno: il fratello N:. C:., che molti di noi hanno conosciuto. 
Prego il rispettabilissimo M:.V:. di invitare i fratelli a porsi in piedi e all’ordine….
Il mio cuore può solamente parlarvi di questo fratello e le parole non saranno mai sufficienti per esprimere il mio affetto e il mio rispetto per quest’uomo che amava la vita in condivisione con gli altri.  
Mi manca. Mi manca il suo sorriso, il suo amore, i suoi insegnamenti, sue doti di benevolenza, di conoscenza, di correttezza e di devozione: mi è stato maestro e guida. Egli ha vissuto libero e con rettitudine in ogni momento della sua vita, anche adesso. E’ stato costantemente applicato nella conoscenza di sé, ha raccolto e applicato il comandamento più grande “ama il prossimo tuo come te stesso”.Mi manca, ma è sempre presente, anche con la tavola del fratello Marco, che trae spunto dalle sue tavole, e sono contento di aver avuto l’onore, il privilegio e la fortuna di conoscerlo e di condividere l’amore fraterno.
Il pensiero iniziatico si nutre di simboli, quindi Vi chiedo di porre ai voti la proposta di introdurre un simbolo nel nostro tempio: un grembiule da maestro rispettosamente e permanentemente posato ad Oriente: sarà un monito silenzioso per ricordare i nostri Fratelli passati all’Oriente Eterno.
Ho detto e Vi ringrazio M..V..
Fr:. Maurizio Leotta
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